Lo zelo col quale l'Agenzia delle Entrate persegue le proprie convinzioni giuridiche nelle impugnazioni, porta la collettività a rinunciare ad un proprio credito derivante dalla mancata tempestività della istanza di rimborso prescritta del contribuente ed a sopportare le spese di un appello di una sentenza che vedeva, originariamente, l’Ufficio soccombente in primo grado oltre al danno conseguente ad un appello, che già si presentava improbabile, stante le determinazioni della Cassazione a Sezioni Unite dirimenti sul punto. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza n° 1099 del 1998, hanno sin da allora avuto modo di osservare che il rilievo officioso dei fatti impeditivi, modificativi ed estintivi deve, in ogni caso, soggiacere alla severa limitazione della previa allegazione di quei medesimi fatti entro i termini di decadenza previsti dalla legge. In altre parole, secondo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il Giudice, quando non si tratti di eccezioni per legge riservate alla parte, può esercitare i propri poteri di rilevo officioso soltanto se il convenuto abbia tempestivamente allegato i fatti nel rispetto del termine di preclusione previsto dall’art. 167 c.p.c. Applicando tali principi alla fattispecie oggetto del presente giudizio, se ne deve necessariamente dedurre che, non avendo l’Ufficio rilevato la pretesa intervenuta decadenza nel proprio atto di costituzione in primo grado, non solo la Commissione di primo grado, in modo assolutamente corretto e legittimo, non l’ha rilevata (né la poteva rilevare) nella sentenza impugnata, ma l’Ufficio stesso è decaduto dal diritto di far valere tale eccezione nel successivo grado d’appello. Come difensori ma soprattutto come contribuenti la memoria di un vecchio adagio impone delle riflessioni. Se é vero che: “il cane corre per il padrone e la lepre corre per se stessa”, il rinunciare a delle pretese da parte dell’Ufficio che, negligentemente o per ovvi motivi di organizzazione, non ha eccepito nei termini, evitando costi e tempi di un infausto appello ai limiti della temerarietà, potrebbe evitare di esacerbare gli animi dei contribuenti neppure qualificabili come "evasori" trascinandoli in cause con improbabile ritorno economico, evitando i costi di una procedura che ha le caratteristiche per sostenere la probabilità della soccombenza. Tutto sommato, laddove vi era un credito per l’amministrazione delle finanze, dopo due gradi di giudizio, il credito si é trasformato in debito.
3166/12
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso proposto da BP. svolgente l'attività di pneumologo avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso IRAP anni 2005 e 2007 sul presupposto che la contribuente svolgesse la propria attività professionale senza dipendenti e/o collaboratori fissi.
Appella l’Ufficio prestando acquiescenza per l'importo di € 5.286,46 e censurando la sentenza impugnata eccependo in via preliminare ed assorbente relativamente all’anno 2005 la decadenza. rilevabile d’ufficio, della richiesta di rimborso in quanto proposta oltre il termine di 48 mesi decorrente dai singoli versamenti e non dalla dichiarazione dei redditi ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. 29.9.1973. n. 602.
Controdeduce il contribuente asserendo la non proponibilità in grado di appello dell’eccezione di decadenza e la non rilevabilità in grado di appello della decadenza stessa.
Con lo stesso atto propone appello incidentąle in merito alla compensazione immotivata delle spese processuali di cui chiede la liquidazione per i due gradi di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Commissione Tributaria Regionale ritiene di dover respingere l’appello dell’Ufficio per due ordini di motivi. Il primo, in quanto l’Ufficio, in merito all’anno 2007, ha prestato acquiescenza per € 5.286,46. Il secondo, in quanto, in relazione all'anno 2005, l’eccezione di decadenza formulata dall’Ufficio solo in grado di appello è inammissibile non essendo ammesse in tale grado di giudizio eccezioni, nuove che amplino il thema decidendum.
Va accolto invece l’appello incidentale, essendo fondato il motivo dedotto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate, per i due gradi di giudizio in complessivi €.1.000,00 di cui € 500.00 per il giudizio di primo grado.
P.Q.M.
la Commissione respinge l’appello dell’ufficio e lo condanna alla rifusione delle spese processuali che liquida, per i due gradi di giudizio, in complessivi €. 1.000,00 di cui €. 500.00 per il giudizio di primo grado. Così accolto l’appello incidentale del contribuente.
Così deciso in Milano, addì 19.2.2013
Il GIUDICE RELATORE IL PRESIDENTE
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