In casi urgenti, per la sospensione di sanitari e figure professionali agli stessi assimilate siamo in prima linea contro un potere che obbliga ad un trattamento sanitario contrario alla Costituzione ed alle norme del Diritto naturale; contro la sopraffazione dei alcuni legislatori che si stanno macchiando dei peggior crimini contro l'Umanità. La partita si vince negli spogliatoi laddove cioé ogni singolo caso anche pur piccolo e circoscritto alla vita professionale di pochi, rappresenta un grande passo nella sviluppo dle progresso della giurisprudenza che mai come ora é scienza viva e come sempre giusta, nonostante i tentativi per imbrigliarla che come la materia che tratta, come la verità non tardano a venire a galla. Sia il seguente ricorso d'aiuto e da incoraggiamento a tutti coloro che da invisibili non meritano di essere schiacciati perché, semplicemente, non lo vogliono.
TRIBUNALE di MILANO
Sezione Lavoro
Ricorso per provvedimento d’urgenza
ex art. 700 c.p.c. e art. 18 L. n. 300/1970 e s.m.i.
I sottoscritti signori,
MG nata il 18/10/1936 ad (C.F.: ) residente in Milano (20122), Via;
ASC nato il 30/07/1956 a Milano, (C. F.: ) residente in San Donato Milanese (20097), Via; ed elettivamente domiciliati in San Donato Milanese, alla via Bruxelles, n. 2H, presso lo studio dell’Avv. Paolo Sorlini (c.f.: SRLPLA61H05F205R) e dell’Avv. Giancarlo Parrini (PRRGCR67H05F205B) come da procura alle liti allegata in calce al presente atto (doc.01), con dichiarazione congiunta di voler ricevere gli avvisi, le comunicazioni e le notificazioni di rito di cui agli artt. 133, comma 3, 134, comma 3 e 176, comma 2 c.p.c. al seguente fax al n. 02-21871357 oppure all'indirizzo di posta elettronica paolo.sorlini@lodi.pecavvocati.it
Attori
CONTRO
UNIVERSITA’ STATALE in persona del legale rappresentante Rettore Prof. e Partita IVA:) con sede in ,
Convenuta
Il panorama normativo di riferimento internazionale e della case-law.
La tipologia delle mansioni svolte dai lavoratori ricorrenti sospesi.
La retribuzione per l’esistenza dignitosa e il dettato costituzionale.
In relazione alla normativa emergenziale.
In relazione alla gerarchia delle fonti giuridiche del diritto internazionale.
In relazione al diritto italiano, nelle norme del diritto del lavoro.
Si allegano i seguenti documenti:
doc.06) e dal 10/09/2018 (doc.05a), inquadrati nella qualifica di dipendenti amministrativi al 3°e 1° livello del CCNL 16.10.2008, con mansioni di assistente contabile di ruolo e di dipendente categorie D/D1;
2) Con comunicazione via mail del 5 febbraio 2022 (doc.02 e doc.03), a firma della Responsabile della Direzione P.T., poi confermata, da ultimo, nelle determine (doc.02a e doc.03a) l’Università resistente contestava ai ricorrenti il mancato riscontro richiesto al fine della verifica dell'obbligo vaccinale e di conseguenza irrogavano il provvedimento di sospensione retroattivo alla data del 1° febbraio ai sensi dell’art. 4-ter del D.L. 44/2021, con conservazione del posto di lavoro sino al 15 Giugno 2022, precisando agli stessi che “non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominati”.
3) Data l’incertezza nella laconica spiegazione che non può che svelare seri dubbi circa la conservazione del posto di lavoro dopo tale ultima data, gli esponenti non possono che sottoporre a questo Tribunale affinché svolga le ragionevoli censure in merito ed in punto di
Appare del tutto sconcertante l’applicazione di un provvedimento normativo in palese violazione di accordi, trattati e direttive della Comunità Europea, oltre a violazione della Costituzione e in opposizione alla decisione della Corte Costituzionale in materia.
La sospensione dall’attività lavorativa con mancata erogazione della retribuzione è una violazione di diritti umani anche se applicata da una norma formalmente erogata, in contrasto con le norme regolatrici più importanti (principio di gerarchia delle fonti giuridiche) e sostanzialmente in violazione dei diritti umani nella parte della dignità della persona e della retribuzione che può garantire la sopravvivenza di un lavoratore e del proprio nucleo familiare
Proseguendo con ordine osserviamo un principio ormai consolidato dalla Corte Costituzionale proprio nella stessa materia della vaccinazione, in particolare con sentenza n. 307 del 14-22 giugno 1990 Presidente Saja nelle parti tra: Oprandi Iside v. Ministero della Salute si pone in evidenza che “Non è ammesso il sacrificio della salute individuale a favore di quella collettiva”, nel merito della sentenza de qua, si richiama quanto asserito: “…Osserva peraltro il giudice a quo che l’art. 32 della Costituzione tutela la salute non solo come interesse della collettività, ma anche e soprattutto come diritto primario ed assoluto del singolo (Corte cost. n. 88/1979), e che siffatta tutela si realizza nella duplice direzione di apprestare misure di prevenzione e di assicurare cure gratuite agli indigenti, anche mediante intervento solidaristico (Corte cost. n. 202/1981). Laddove, quindi, manchino del tutto provvidenze del genere, né sia dato ricorrere a forme risarcitorie alternative, la garanzia costituzionale di tutela dell’integrità fisica della persona risulta vanificata. Ed in particolare ciò avviene nel caso in esame, nel quale tale fondamentale diritto dell’individuo può essere sacrificato in conseguenza dell’esercizio da parte dello Stato di attività legittima a favore della collettività (trattamento vaccinale obbligatorio), senza previsione di un compenso equivalente, od altro equipollente proporzionato al sacrificio eventualmente occorso al singolo nell’adempimento di un obbligo imposto nell’interesse della sanità pubblica”. In materia di vaccini, quindi a prescindere che si tratti di tipologia differenti (contro poliomelite o covid) la stessa Corte Costituzionale non lascia dubbi interpretativi e comunque richiama altre due sentenze della medesima che sono precedenti e quindi oramai si può parlare di orientamento consolidato.
Il panorama normativo di riferimento internazionale e della case-law.
A livello internazionale, il processo di Norimberga del 1945 contro i crimini di guerra, specifica che la somministrazione di farmaci contro la volontà di un soggetto è un crimine contro l’umanità. Nel caso specifico si applica il principio giuridico analogico contro l’obbligatorietà della vaccinazione disposta dal D.L. 44/2021, evidenziando tra l’altro nel “Processo ai Dottori” (ufficialmente: United States of America v. Karl Brandt, et al. Dal 09 dicembre 1946 al 20 agosto 1947) che sono stati condannati a morte a seguito di condanna per imputazione di crimini contro l’umanità ed in particolare: per “Esperimenti epidemici sull'epatite virale (itterizia)”. Da giugno 1943 a gennaio 1945 ai campi di Sachsenhausen e Natzweiler furono effettuati esperimenti, alla ricerca delle cause e vaccini sull'epidemia itterica, oppure: “Esperimenti sul tifo petecchiale, Da dicembre 1941 a febbraio 1945 furono condotti esperimenti nei campi di Buchenwald e Natzweiler, sull'efficacia di vaccini contro il tifo petecchiale. A Buchenwald numerosi prigionieri furono deliberatamente infettati con il batterio, più del 90% morirono. Ad altri detenuti furono iniettati svariati vaccini e sostanze chimiche per valutarne l'efficacia: il 75% fu vaccinato o alimentato con sostanze chimiche e dopo un periodo di 3-4 settimane, infettati dal batterio di tifo petecchiale. Furono condotti esperimenti sulla febbre gialla, vaiolo, tifo e paratifo A e B, colera, difterite.
La normativa italiana si pone inoltre in contrasto con la Convenzione di Oviedo 2000 “Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina “, per la quale un trattamento sanitario può essere erogato solo a seguito di rilascio di un consenso libero ed informato. Nel caso specifico il consenso non è stato né voluto né manifestato e come conseguenza di un esercizio di libera scelta in capo al cittadino, lo Stato impone una sanzione che va ad inficiare la libertà con la privazione dei diritti di dignità e di sopravvivenza dell’uomo.
Il regolamento n.953/2021 dell’Unione Europea dispone in modo chiaro e senza dubbi interpretativi che le persone non vaccinate per libera scelta non possono essere discriminate. Il DL 44/2021 viola i diritti umani, ma compie anche un vero e proprio atto di discriminazione e di vessazione nei confronti di quei cittadini che non vogliono sottoporsi ad un farmaco sperimentale. Per il principio generale di diritto di “gerarchia delle fonti giuridiche”, una legge di un paese membro non può essere in contrasto con una direttiva della Comunità Europea. La norma italiana in parola è quindi illegittima e la sanzione nulla.
Ulteriore nota degna di menzione sta nella Risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio di Europa, che sebbene in questo caso non vincolante, comunque raccomanda agli Stati membri di evitare di rendere obbligatoria la vaccinazione anticovid e di usarla per discriminare i lavoratori, come invece sta avvenendo in Italia. La ratio di tale raccomandazione sta nella incertezza degli effetti collaterali gravi che potrebbero sorgere nei prossimi anni a carico delle persone vaccinate, lo stesso sito del Senato della Repubblica Italiana, “Legislatura 18 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00388” espone in modo molto chiaro: “…Tutti gli studi di fase 3 sui vaccini COVID-19 sono in corso e non dovrebbero concludersi fino alla fine del 2022/inizio 2023. I vaccini sono, quindi, attualmente sperimentali con dati limitati sulla sicurezza degli adulti a breve termine e non disponibili (...). La tecnologia del vaccino mRNA completamente nuova, che non è mai stata precedentemente approvata per l'uso nell'uomo (...). I potenziali effetti a insorgenza tardiva possono richiedere mesi o anni per manifestarsi. Le limitate sperimentazioni sui bambini intraprese fino ad oggi sono totalmente sottodimensionate per escludere effetti collaterali non comuni ma gravi. I bambini hanno una vita davanti a loro e i loro sistemi immunologici e neurologici sono ancora in fase di sviluppo, il che li rende potenzialmente più vulnerabili agli effetti avversi rispetto agli adulti. Sono già state sollevate una serie di preoccupazioni specifiche, tra cui malattie autoimmuni e possibili effetti sulla placenta e sulla fertilità. Un articolo pubblicato di recente ha sollevato la possibilità che i vaccini mRNA COVID-19 possano innescare malattie neurodegenerative basate su prioni. Tutti i potenziali rischi, noti e sconosciuti, devono essere bilanciati rispetto ai rischi del COVID-19 stesso, quindi ai bambini si applicherà un rapporto rischi/benefici molto diverso rispetto agli adulti" (doc.05);
sulla protezione dal COVID nei bambini si aggiunge che "I bambini sani non corrono quasi alcun rischio di COVID-19, con un rischio di morte di appena 1 su 2,5 milioni. Nessun bambino precedentemente sano di età inferiore ai 15 anni è morto durante la pandemia nel Regno Unito e i ricoveri in ospedale o in terapia intensiva sono estremamente rari e la maggior parte dei bambini non presenta sintomi o ha sintomi molto lievi. Sebbene il Long-Covid sia stato citato come motivo per vaccinare i bambini, ci sono pochi dati concreti.”
La tipologia delle mansioni svolte dai lavoratori ricorrenti sospesi.
Nell’esposizione in fatto si evince chiaramente che i lavoratori sono stati assunti a tempo indeterminato presso l’Università Statale, il dott. ASC con la qualifica di addetto Area D e mansioni funzionario amministrativo (doc.05 e doc.05a a pag.2), mentre la dott.ssa Giofré inquadrata come categoria D, posizione economica D2, presso il servizio Ragioneria (doc.06). Entrambi in diversi dipartimenti, senza contatti né col pubblico né con gli studenti. Da un punto di vista sostanziale, il DL 44/2021 e ss. regola in via provvisoria uno stato di emergenza che illegittimamente è stato prorogato oltre il 31 dicembre 2021, e che assume come scopo la necessità di un isolamento dei lavoratori al fine di evitare un contagio pandemico. Nel caso specifico tuttavia il ricorrente, date le proprie mansioni e gli incarichi ricevuti, non può contagiare o essere contagiato poiché è ubicato, come luogo di lavoro, in stanze singole non aperte al pubblico e date le mansioni da assolvere potrebbe facilmente svolgerle con il lavoro agile da casa, come nel mondo privato.
Fermo quanto già sopra esposto nella parte in diritto in merito alla illegittimità costituzionale della normativa DL 44/2021 e ss. in contrasto con il dettato Costituzionale e l’orientamento della Corte Costituzionale sul principio: “Non è ammesso il sacrificio della salute individuale a favore di quella collettiva”, qualora l’Ill.mo Giudicante non aderisse a quanto sopra esposto circa l’illegittimità della sospensione comminata alla ricorrente per violazione dell’art. 4 D.L. 44/2021 come successivamente convertito, si chiede fin d’ora che sia dichiarata manifestamente fondata la questione di legittimità costituzionale della medesima norma per violazione degli artt. 2, 3 e 32 Cost.
La giurisprudenza costituzionale in merito all’obbligo di trattamenti sanitari può dirsi consolidata su due principi di fondo da ultimo riassunti nella sentenza n. 5/2018.
Il trattamento può essere imposto a patto che sia efficace non solo per sé stessi ma anche per gli altri (aspetto non oggetto di contestazione nel giudizio oggetto della pronuncia costituzionale) ed a patto che esso non sia pericoloso per l’individuo che subisce il trattamento visto, che in questo caso si violerebbe direttamente al secondo comma dell’art. 32 Cost. che afferma “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Parimenti si contravviene ai limiti del rispetto della persona umana allorquando addirittura si arriva ad imporre il divieto di lavorare senza alcun indennizzo al soggetto che si vorrebbe vaccinato. Un ricatto vero e proprio che non può trovare quartiere nel nostro ordinamento e che minando la stessa sopravvivenza di chi lo subisce (se non si lavora non si mangia…) risulta certamente e clamorosamente lesivo della dignità umana.
Tra l’altro, impedire ad una persona di lavorare per la scelta di non vaccinarsi con un farmaco in via di sperimentazione introduce anche una discriminazione basata sulle opinioni e su una condizione personale non consentita anche ex art. 3 Cost.
Ma torniamo alla sentenza della Corte Costituzionale citata. L’obbligo considerato legittimo con la stessa riguardava vaccini regolarmente autorizzati e sperimentati su cui la scienza, allo stato dei fatti e fatti salve, come dice la Corte, eventuali successive diverse scoperte dovute a nuove ricerche, non costituivano un pericolo di danni permanenti per chi li riceveva e che effettivamente davano copertura contro le malattie per cui erano utilizzati.
In sostanza la pronuncia del 2018 non ha mutato alcunché nella materia, infatti non è che la piana conferma del già consolidato orientamento della pronuncia n. 258/1994 dove i limiti all’imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio erano analogamente fissati con particolare riferimento al fatto “che la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiono normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”.
Il caso della gestione del vaccino “anti” covid rappresenta, alla luce di questi principi, una totale follia. Gli eventi avversi direttamente correlabili, anche letali, sono purtroppo pura realtà come evidenziato dal rapporto di farmacovigilanza dell’AIFA ad oggi giunto al sesto aggiornamento (doc.07).
Specificatamente al 26 giugno 2021 si contano 423 morti post vaccino (a pag. 13 del rapporto) di cui il 2,6% è già ad oggi correlabile all’assunzione del farmaco stesso. Per un 33,6% la correlazione resta indeterminabile ma non esclusa dalla scienza e per un 4,2% inclassificabile. In definitiva quindi solo il 59,6 % delle morti non è certamente correlabile.
Per non parlare delle reazioni avverse che secondo la farmacovigilanza (pag. 11) sono oltre 76.000 di cui 11,9% gravi con tasso di eventi gravi avversi di 18 ogni 100.000 somministrazioni.
Ed è pertanto chiaro che la percentuale è in netto rialzo e peggioramento se confrontata con le “intuizioni” nella Circolare del Ministero della Sanità n. 45586 dell’8/10/2021 che dichiara (doc.08 allegato 3 a pag.1) “Dopo la vaccinazione con Comirnaty sono stati segnalati casi molto rari di miocardite (infiammazione del cuore) e pericardite (infiammazione del rivestimento esterno del cuore), verificatisi principalmente nelle due settimane successive alla vaccinazione”. Diremmo che prima di guardare, con attenzione, ad un “trend” decisamente preoccupante, consentire ad un cittadino di scegliere liberamente in base alla sua valutazione personalizzata e libera del rapporto rischi/benefici è la sola scelta compatibile con uno stato di diritto.
Il Regno Unito ha pubblicato sul sito governativo un report settimanale del Ministero della Salute sulle reazioni gravi avverse delle persone che hanno ricevuto l’inoculazione del vaccino stesso. (doc.09)[1].
La scelta diversa opposta stante le facilitazioni della digitalizzazione e verosimilmente reticente fa parte delle barbarie ed è chiaramente incostituzionale.
Pacifico che si impone un trattamento su cui non vi è pressoché alcuna letteratura scientifica consolidata, ma sul quale lo studio è in totale divenire.
L’autorizzazione alla somministrazione di tutti i vaccini anti covid è stata rilasciata in via provvisoria dalle autorità preposte sul fondamento, peraltro falso, che non esistessero altre cure al patogeno.
In realtà si è appurato da tempo che fortunatamente il covid risponde nella stragrande maggioranza dei casi a cure già note ed esistenti a patto ovviamente di non lasciare le persone da sole in vigile attesa aspettando che si aggravino.
Sul punto per semplicità argomentativa ed espositiva si rinvia direttamente alle domande e risposte messe a disposizione dalla Commissione Europea proprio in riferimento all’autorizzazione e all’emissione in commercio condizionata dei vaccini anticovid.
Ivi si legge con chiarezza quanto affermato da questa difesa e si ripercorre l’iter autorizzativo dei citati farmaci (doc.10).
I vaccini vengono espressamente, e non potrebbe essere altrimenti, definiti sperimentali. Nel documento si specifica ad esempio che la Commissione ha rilasciato, come da sua competenza, l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata del prodotto mRNA Pfizer il 21 dicembre 2020 e per il Moderna il 6 gennaio 2021.
Interessante anche la spiegazione del funzionamento della procedura di autorizzazione in emergenza (prevista dalla direttiva 2001/83 e successive modifiche): “vista l’urgenza dovuta alla pandemia coronavirus, l’EMA ha istituito procedure d’esame accelerate per valutare le domande nel più breve tempo possibile… la chiave di volta per accelerare il processo è costituita da “revisione cicliche”, che consentono ad EMA, in caso di emergenza sanitaria, di cominciare a valutare i dati relativi a medicinali o vaccini promettenti non appena vengono resi disponibili, anziché attendere la fine di tutte le fasi di sperimentazione”.
Dunque se è pur vero, come si è ribadito più volte, la sicurezza del trattamento anche in questa fase, tale affermazione è completamente apodittica in quanto la sperimentazione non è conclusa e la “resa a disposizione dei dati” oltre che basarsi su di un sistema di vigilanza passiva, è fortemente disincentivata con le minacce di procedimenti deontologici a carico dei sanitari.
Chiaro che se esiste una procedura ordinaria è perché solo detta procedura consente di avere certezze sulla sicurezza ed efficacia del farmaco. Se si procede con un’autorizzazione provvisoria semplificata, seppur per ragioni che in astratto possono essere comprese, tale sicurezza scientifica non sussiste ed a quel punto è corretto affermare che oggi si obbligano i cittadini, dietro ricatto, a fare da cavie al completamento della sperimentazione e ciò con buona pace del rispetto della dignità umana.
Allo stato della conoscenza medica quindi, l’obbligo non è ammissibile per gli stessi argomenti che la Corte Costituzionale evidenziava, in quel caso a favore del trattamento, nella sentenza n. 5/2018.
Si vuole essere anzi ancora più netti ed inequivoci, si deve avere il coraggio di affermare, anche per amore di quella democrazia che è stata vergognosamente vilipesa in epoca di Covid, in nome di una patologica paura di un evento certo per tutti come la morte, che se si impone un trattamento sperimentale dietro il ricatto costituito dalla sospensione dal lavoro, e quindi minacciando la stessa sopravvivenza dell’individuo, ci si mette senza alcun dubbio al pari delle azioni compiute dalle peggiori dittature del secolo scorso.
Per non parlare della discriminazione degli individui non vaccinati rilanciata costantemente anche dagli organi di informazione, che parimenti ricorda e riporta alla memoria le ben note persecuzioni razziali proprie delle medesime dittature.
Per portare ulteriori elementi oggettivi a sostegno di quanto specificato si significa che gli stessi “bugiardini” dei vaccini confermano esattamente quanto detto.
Sempre in punto autorizzazione condizionata si legge ad esempio in riferimento al Pfizer (doc.11) anche il Foglio illustrativo: informazioni per l’utilizzatore (cd. bugiardino) lo definisce “medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale”. In sostanza gli effetti avversi sono valutati giorno per giorno tanto che i bugiardini stessi vengono regolarmente aggiornati dall’AIFA dopo le denunce delle reazioni da parte degli utenti.
Le incertezze sono enormi sia sugli effetti a lungo termine, ovviamente sconosciuti, che su quelli più gravi sui quali il bugiardino, ad esempio, sempre del vaccino mRNA Pfizer in riferimento alle reazioni allergiche gravi recita: “la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili”.
Ad abundantiam, sul punto, la presente difesa ritiene importante evidenziare la sentenza della Suprema Corte (Cass. 12225/2021) che si è pronunciata condannando una casa farmaceutica che sul bugiardino non aveva specificamente espresso le “…pericolosità…” (effetti collaterali) a cui potenzialmente il consumatore poteva andare incontro, privandolo della “…consapevolezza…” sulle circostanze di contrazione di tali effetti collaterali. La Suprema Corte accoglie quindi la domanda del ricorrente per violazione del codice del consumo (D.lgs. 206/2005), il quale definisce come difettoso il prodotto quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:
1. il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite;
2. l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere;
3. il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.
La giurisprudenza ha precisato che la nozione di difetto è riconducibile:
· alla nozione di difetto di fabbricazione,
· oppure alle ipotesi in cui manchino le istruzioni.
Il difetto non va confuso:
· con il vizio previsto dall’art. 1490 c.c. in materia di compravendita. Il vizio, infatti, può consistere in una mera imperfezione che non determina una insicurezza del bene;
· con il difetto di conformità relativo alla vendita di beni di consumo che postula un pericolo per il soggetto che fa uso del prodotto o per coloro che si trovino in contatto con esso (Cass. 13458/2013).
Si citano, per concludere due esempi recenti e certamente clamorosi di effetti collaterali compresi unicamente nel corso della sperimentazione sulla popolazione che troveranno certamente spazio nei prossimi rapporti di farmacovigilanza.
Astrazeneca è stata ritenuta responsabile di eventi trombotici, anche con effetti letali, con riconoscimento ufficiale avvenuto in data 11 giugno 2021 da EMA (doc.10)[2], a cui è seguito il relativo aggiornamento del bugiardino.
Questa vicenda, balzata agli onori delle cronache, è estremamente nota e non fa che confermare ancora di più quanto l’attestazione di sicurezza in presenza di una procedura abbreviata di autorizzazione al commercio del farmaco sia assolutamente apodittica. La sperimentazione non è opzionale, ma è necessaria.
Si deve considerare in ogni caso e dunque anche a prescindere dai già dimostrati eventi avversi, irragionevole, contrario ai diritti inviolabili dell’uomo e contrario alla dignità umana l’imposizione di un trattamento sperimentale con violazione appunto degli artt. 2, 3 e 32 Cost.
Sul punto la presente difesa osserva ed evidenzia che recentemente il T.A.R. Lombardia si è pronunciato emettendo ordinanza di sospensione del provvedimento illegittimo rinviando alla Corte Costituzionale sul profilo di incostituzionalità (T.A.R. Lombardia ord. 14.02.2022; REG. PROV. CAU. n. 00192/2022; REG. RIC. N. 00109/2022).
Anzi parere di chi scrive è che si trascenda addirittura dalla semplice incostituzionalità: senza dati certi l’obbligo è un’azione spiccatamente criminale da perseguire penalmente.
Ancora il 19 luglio 2021 per fare un secondo esempio e ribadire come la situazione sia in costante evoluzione, stavolta in riferimento al vaccino della Pfizer, è stata confermata tra le razioni indesiderate possibile l’insorgenza di miocardite, che già trovava spazio nei report della farmacovigilanza per altri vaccini anti covid (doc. 07).
Ma vi è di più.
Anche l’efficacia del suddetto trattamento pare tutt’altro che dimostrata. I dati preliminari sembrano confermare ovunque che i vaccinati possono contagiare ed essere contagiati facendo così venir meno un altro dei punti fondamentali richiesti per la legittimità di un trattamento sanitario obbligatorio.
Non si ritiene di dover approfondire oltre il tema posto che in ogni caso, lo si ribadisce, questo giudizio è definibile in riferimento alla violazione della stessa procedura del D.L. impositivo dell’obbligo e che l’incostituzionalità della normativa è in ogni caso manifesta alla luce dell’esistenza di un possibile grave pregiudizio per chi la subisce e per la natura sperimentale del trattamento.
La retribuzione per l’esistenza dignitosa e il dettato costituzionale.
Una ulteriore analisi deve essere condotta in merito al confronto tra il dettato normativo di cui all’art 36 Costituzione per il quale: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa” in comparazione al Decreto Legge 44 e delle successive L.76/2021 e L. 01/2022, che priva il lavoratore della retribuzione per tutto il periodo di sospensione (fino a quando?). Il dettato costituzione non lascia dubbi interpretativi: la retribuzione non può: né essere sospesa, né privata; infatti, la costituzione in codesto articolo sostiene: “IL LAVORATORE HA DIRITTO AD UNA RETRIBUZIONE”, tale principio è inderogabile, solo una direttiva della Comunità Europea o un accordo internazionale può derogare a tale principio, non certo una Legge nazionale.
L’odierno ricorrente ritiene pertanto di domandare la reintegra nel posto di lavoro,
previa l’interruzione della comminata sanzione della sospensione, nonché i conseguenti provvedimenti giudiziali di carattere risarcitorio in via d’urgenza, stante il concreto pericolo di subire un
danno grave ed irreparabile nell’attesa di un procedimento sul merito.
Si è, infatti, già evidenziato nella premessa in fatto, quanto sia importante per il lavoratore ricevere la retribuzione, non solo per una dignità personale ma soprattutto per il mantenimento di un
nucleo familiare che necessita anche di piccole entrate che permettono la sopravvivenza. Ove dovesse tardare una decisione di merito, in considerazione dell’assenza di un sufficiente patrimonio
finanziario, sussiste il concreto rischio di non poter provvedere ai bisogni primari della famiglia.
In relazione alla normativa emergenziale.
La produzione normativa sulla quale è stata irrogata la misura della sospensione degli odierni ricorrenti pretenderebbe essere determinata dalla necessità ed urgenza e dall’intangibilità e dei principi supremi del vigente ordine costituzionale, primi su tutti i diritti fondamentali, ma che si trovano, tra loro, non in rapporto gerarchico, ma di integrazione reciproca e mai di prevalenza di uno, rispetto agli altri. Contrariamente, stante primo articolo della Costituzione, questo Tribunale dovrebbe immediatamente costringere il datore Università a reintegrare immediatamente i lavoratori. Questa circostanza si dovrà verificare sulla base di argomentazioni esposte in seguito. E’ utile spiegare che la Costituzione italiana non prevede alcun articolo che disciplini lo stato d’emergenza/d'eccezione, cui la normativa D.L. 44/2021 è arroccata, oltre che nel preambolo delle norme con la quale si coordina, financo dal titolo dell’articolo 1 (Ulteriori misure per contenere e contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19).
La situazione attuale causata dal Covid 19 non é nemmeno giuridicamente assimilabile allo “stato di guerra”, sebbene la narrazione abbia spesso, a sproposito, usato questo termine, in modo verosimilmente manipolatorio, per cui non possibile far ricorso all’applicazione analogica dell’art. 78 Cost., neppure è resa possibile dalla Costituzione la compressione di quei diritti fondamentali anche in istato di guerra. Sicché, la proposta di introdurre la previsione dello stato di emergenza per ipotesi diverse da eventi tipicamente bellici risultò, nel recente passato, aberrante alla stessa Presidente della Consulta, Marta Cartabia, oggi Ministro della Giustizia quando, il 28 aprile 2020, ebbe a dichiarare: «Non c’é un diritto speciale, anche in emergenza. La Costituzione sia bussola per tutti (…) Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali, né previsioni che nei tempi di crisi consentano alterazioni nell’assetto dei poteri»[3]. Quindi, il verificarsi di una situazione di urgenza deve avvenire nel rispetto dei principi della legalità, riserva di legge (assoluta o relativa), necessità, proporzionalità, bilanciamento e temporaneità, in quanto, altrimenti, si determinerebbe l’insorgere del cd. “diritto tiranno” (avanti al quale tutti gli altri diritti dovrebbero soccombere) (così da ultimo il Tribunale di Pisa sent. n.1842/2021). Ed è in questo senso che lavoratori di ogni genere e grado si trovano come i ricorrenti in scacco perché paradossalmente aver pretesemente violato un obbligo che la normativa vorrebbe riferirsi all’art. 32 della Costituzione. Coloro, pertanto, che come l’Università Statale ed il suo Magnifico intenderebbero, in presenza di una situazione definita emergenziale, con la sospensione di due lavoratori amministrativi, odierni ricorrenti, necessario un generale affievolimento di altri diritti premiali valga il principio della Corte Costituzionale nella sentenza 83/2013. La tutela dei diritti non può ingigantirsi a tal punto da tiranneggiare sulla protezione di altri diritti di pari natura costituzionale per cui occorre sempre tener presente che non é possibile istituire una gerarchia tra le varie figure di diritti fondamentali, non sussistendo nell’ordinamento costituzionale alcuna presunzione assoluta di prevalenza di un diritto su tutti gli altri. Contra, ci troveremmo a procedere secondo l’ordine di apparizione ed importanza stabilito dalla Carta Costituzionale all’articolo 1, trovandoci in una Repubblica fondata sul lavoro, non possiamo che immaginare un epilogo diverso dal ritorno al lavoro.
In relazione alla gerarchia delle fonti giuridiche del diritto internazionale.
Per il principio generale del diritto inerente alla “gerarchia delle fonti giuridiche”, confermato dall’art. 117 Cost., il Regolamento n.953/2021 dell’Unione Europea è norma superiore rispetto ad una legge speciale di un paese membro tralasciando la caduta di stile sulla difformità delle versioni in lingua inglese e italiana, che hanno dalla sua emissione inizialmente avvantaggiato chi premeva per la vaccinazione di massa. Si palesa la diretta applicabilità del considerando n. 36 del citato regolamento che si rinviene nella norma di chiusura dello stesso, all’Art. 17: “Il presente regolamento entra in vigore dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (n.d.s. 15.06.2021). Esso si applica dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022”.
Ed ancora a chiusura: “Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”. Pertanto, nessun dubbio residua sull’applicabilità diretta del considerando n. 36 nel nostro ordinamento e conseguente dovere di disapplicazione della difforme normativa interna.
La normativa di rango gerarchico cui quella italiana è ulteriormente soggetta risiede nella Convenzione di Oviedo riportata in narrativa è ulteriormente norma superiore rispetto ad una legge di un paese aderente alla Convenzione de qua, così come i principi esposti nel processo internazionale di Norimberga. Lo stesso principio viene applicato anche nel confronto tra Costituzione e Legge sia ordinaria che speciale, per il quale tale Legge non può essere in contrasto con il dettato normativo costituzionale che garantisce i valori primari dei diritti dell’uomo.
In relazione al diritto italiano, nelle norme del diritto del lavoro.
Un ulteriore punto da evidenziare in considerazione del provvedimento adottato dall’Università nei confronti dei ricorrenti, in onore al principio “lex specialis derogat generalis” risiede nella carenza nel CCNL (doc.12) di ogni previsione di privazione della retribuzione in capo al lavoratore che nella peggiore delle ipotesi potrebbe essergli irrogata per un periodo non superiore ai 10 gg (art.32), sebbene tale previsione debba comunque contemperarsi con i diritti imprescindibili del lavoratore garantiti dalla Costituzione e considerando, peraltro, dubia certus, tale disposizione in qualche modo assimilabile ad una sanzione. A prescindere dalla tipologia del contratto regolatore e sebbene secondo i principi generali, il contratto collettivo in astratto deve ritenersi gerarchicamente subordinato alla legge, il trattamento previsto dalle norme aventi forza di legge può essere derogato dalle clausole contenute nei contratti collettivi di lavoro solo in senso più favorevole al lavoratore.
Inoltre, secondo la Suprema Corte (Cass. Civ. n.17310/2008) “nei rapporti giuridici di durata, quale il rapporto di lavoro, non è interdetto al legislatore e alle parti stipulanti i contratti collettivi di modificare, in peius, la posizione di una delle parti, anche mediante la modifica di un sistema di calcolo della retribuzione o del trattamento di quiescenza, con riguardo ad un periodo già trascorso, salvo il limite della ragionevolezza ed escluso il diritto di ripetere somme già corrisposte. Applicando il principio della Cassazione al caso di specie NON SUSSISTE alcun limite alla ragionevolezza della privazione di un diritto costituzionalmente garantito.
Risulta invero sussistere anche il secondo elemento richiesto dall’art. 700 c.p.c., cioè il periculum in mora, dato che la illegittima sospensione dall’attività lavorativa comporta la privazione del diritto alla dignità dell’uomo e alla retribuzione, la sospensione della retribuzione e quindi della principale fonte di sostentamento di vita produce in effetti un pregiudizio grave ed irreparabile, elemento fondamentale per la sussistenza propria e del proprio nucleo familiare.
Tra l’altro il provvedimento di sospensione priva il lavoratore della ricerca di altra occupazione[4] anche per una categoria inferiore o per mansioni notevolmente inferiori poiché la applicazione della ingiusta sanzione non è stata determinata da una grave condotta del ricorrente, ma una Legge ingiusta, anticostituzionale, in palese violazione: della direttiva della UE, dalla Convenzione di Oviedo, dal Processo di Norimberga, che perseguita il lavoratore non permettendogli una occupazione lavorativa fondamentale per la sopravvivenza a meno che, lo stesso ricorrente si sottoponga alla coercizione di una inoculazione di un farmaco sperimentale.
Gli odierni ricorrenti ritengono, pertanto, di domandare la reintegra nel posto di
lavoro, nonché i conseguenti provvedimenti giudiziali di carattere risarcitorio in via d’urgenza, stante il concreto pericolo di subire un danno grave ed irreparabile nell’attesa di un procedimento
sul merito.
Ove dovesse tardare una decisione di merito, in considerazione dell’assenza di un sufficiente patrimonio finanziario, sussiste il concreto rischio di non poter provvedere ai bisogni primari della
famiglia, quali cure mediche della moglie invalida ed istruzione dei figli.
Tutto ciò esposto i signori Maria Antonia Giufré e ASC come sopra rappresentati, difesi e domiciliati
In via principale: dichiarare nullo, illegittimo e/o comunque annullabile il provvedimento di sospensione emesso dal datore di lavoro Università Statale, in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, per le ragioni tutte di cui al ricorso ed in particolare per violazione: della Convenzione di Oviedo, della Direttiva della Comunità Europea, della Costituzione italiana di cui agli artt.li 02, 03, 32, e per l’effetto condannare l’Università Statale in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, anche previa disapplicazione degli atti illegittimamente emessi, al reintegro dei dipendente nel luogo di lavoro presso il quale erano stati assegnati, con le stesse mansioni e qualifiche, ed al risarcimento dei danni patiti consistenti nelle retribuzioni di legge, oltre a contributi assistenziali e previdenziali, dovute dalla data della sospensione fino a quella dell’effettiva reintegra sul lavoro, oltre agli ulteriori emolumenti di legge spettanti, oltre ad ogni ulteriore voce dovuta in forza del CCNL vigente;
Con condanna della resistente, in persona del legale rappresentante, alle spese di lite ed al compenso professionale.
Con vittoria di spese, diritti, onorari oltre C.P.A., I.V.A., spese generali forfettarie.
Ai sensi dell’art. 14 del T.U. 115/2002 il ricorrente dichiara che il valore della controversia è indeterminabile e si tratta di istanza cautelare in materia di diritto del lavoro.
Si allegano i seguenti documenti:
doc.02) contestazione disciplinare del 10 febbraio 2022 a MG;
doc.03) contestazione disciplinare del 10 febbraio 2022 ad ASC;
doc.04) Senato della Repubblica Italiana Legislatura 18 Atto di sindacato ispettivo 1-00388;
doc.05) Comunicazione collocazione e qualifica ASC via Belpaese;
doc.05a) contratto di lavoro, ASC 2018 categoria D;
doc.06) assegnazione definitiva di servizio Giofré M.A.;
doc.07) VI Rapporto sorveglianza AIFA vaccini COVID-19;
doc.08) Circolare Min.Salute n. 45886-10-2021 estratto all.2;
doc.09) Vaccine-surveillance-report-week-42;
doc.10) EMA n 322185 del 11 giugno 2021 update on ongoing evaluation of myocarditis and pericarditis;
doc.11) comirnaty-epar-product-information.it;
doc.12) CCNL UNIVERSITA'.
Livorno – Milano 23 febbraio 2022.
Avv. Paolo Sorlini Avv. Giancarlo Parrini
[1]Fonte: http://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1027511/Vaccine-surveillance-report-week-42.pdf. Nel rapporto di sorveglianza sui vaccini COVID-19", il Dipartimento della salute del Regno Unito ammette, a pagina 23, che i livelli di anticorpi N sembrano essere più bassi nelle persone che vengono infettate dopo due dosi di vaccinazione". Continua dicendo che questo calo degli anticorpi è essenzialmente permanente. Sappiamo che i vaccini non prevengono l'infezione o la trasmissione del virus (anzi, il rapporto altrove mostra che gli adulti vaccinati hanno ora molte più probabilità di essere infettati rispetto a quelli non vaccinati). Gli inglesi ora scoprono che il vaccino interferisce con la capacità dell'organismo di produrre anticorpi dopo l'infezione non solo contro la proteina spike, ma anche contro altre parti del virus. In particolare, le persone vaccinate non sembrano formare anticorpi contro la proteina nucleocapside, l'involucro del virus, che è una parte cruciale della risposta nelle persone non vaccinate. A lungo termine, i vaccinati sono molto più suscettibili a qualsiasi mutazione nella proteina spike, anche se sono già stati infettati e curati una o più volte. I non vaccinati, d'altra parte, otterranno un'immunità duratura, se non permanente, a tutti i ceppi del presunto virus dopo essere stati naturalmente infettati da esso anche una volta.
[2] Foglio illustrativo delle caratteristiche del prodotto dal sito EMA: https://www.ema.europa.eu/en/documents/product-information/comirnaty-epar-product-information_it.pdf
[3] Marta Cartabia Presidente della Corte costituzionale par.: Oltre il 2019, pag. 25 in L’ATTIVITA’ DELLA CORTE COSTITUZIONALE NEL 2019 su https://www.cortecostituzionale.it/documenti/relazione_cartabia/1_relazione.pdf
[4] Il dipendente pubblico ha il dovere di esclusività, lo statuto degli impiegati civili (d.p.r. n. 3 del 1957) e la triplice riforma del pubblico impiego, colmata con il decr. Leg.vo 165/01 cosi come ampliata e aggiornata dalla legge 145/02 e 190/12.
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