Memorandum
To: ( Dr. X)
From: (Avv. Sorlini e Avv. Cremonesi/ATK)
Date: September 27, 2012
Re: (401)
TEMA
Quali sono i doveri del professionista nell’esercizio della sua professione? Quali sono i presupposti della responsabilità personale del professionista nell’espletamento del suo incarico? In che cosa consiste l’obbligo di salvataggio dell’assicurato? Quali sono le conseguenze dell’inadempimento di tale obbligo? Quando l’assicurato conserva il diritto all’indennità?
norme applicabili
- art 1914 e 1915 c.c.
- art 2236 c.c.
- art 1176 c.c.
- Tribulale di Taranto, civile, 23 gennaio 2012, n. 138
- Giudice di pace Milano, sez 8 civile, 13/10/2011 n.8355
- Cassazione, sezione 3 civile, 18/04/2011, n.8860
- Cassazione, sezione 3 civile, 11/3/2011, n. 5435
- Cassazione, sezione 3 civile, 8/1/2004, n. 83
- Cassazione, sezione 3 civile, 24/10/2008, n. 25735:
RISPOSTA BREVE (SUL TEMA)
secondo le norme codicistiche sopra citate e la costante giurisprudenza sul punto il professionista-assicurato perde il diritto all’indennità in quanto ha inadempiuto all’obbligo di salvataggio ex 1914 c.c. comportando un aggravamento del danno non coperto dalla garanzia assicurativa e per tanto è tenuto personalmente al risarcimento del danno a meno che non riesca a dimostrare l’inesistenza del dolo o della colpa grave.
FaTTO
dopo aver ricevuto un avviso bonario dall’Agenzia delle Entrate, il Dr. X, commercialista, dimentica di recarsi presso l’amministrazione delle Finanze ed aprire il contenzioso per l’adesione o meno alla irrogata sanzione. Dimentica, altresi, di aprire il contenzioso con la propria compagnia assicuratrice e si ricorda solo al momento della notifica della cartella al proprio cliente. Essendo, a questo punto, l’ammontare delle sanzioni, superiore a quanto inizialmente richiesto la compagnia assicuratrice della responsabilità professionale rifiuta il pagamento della garanzia al Dr. X.
AnalIsi - DiscussionE argomentazioni
In primo luogo è opportuno sottolineare che il professionista è tenuto ai sensi del 1176 c.c. ad adempiere diligentemente le obbligazioni inerenti l’esercizio della propria attività professionale e che tale diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata. Il richiamo al sopra citato 1176 c.c. comporta altresì che il professionista risponde anche per colpa lieve a meno che la prestazione dea in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. In quest’ultima ipotesi l’art 2236 c.c. difatti prevede che egli risponde dei danni solo in caso di dolo o colpa grave. Ciò premesso è chiaro che l’attività professionale del caso di specie concernendo la materia fiscale rientri nell’ipotesi del 2236 c.c., richiedendo specifiche competenze di natura tecnico-tributaria, indi per cui la Dr. X risulterebbe personalmente responsabile solo se risultasse provato l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave.Per chiarire maggiormente il contenuto degli obblighi del professionista e il concetto di diligenza cui questi è tenuto si riporta un estratto di una recente sentenza del Tribunale di Taranto, civile, 23 gennaio 2012, n. 138.
“La responsabilità del prestatore d'opera intellettuale è normalmente regolata dall'art. 1176 c.c. che fa obbligo al professionista di usare, nell'adempimento delle obbligazioni inerenti la sua attività professionale, la diligenza del buon padre di famiglia, con la conseguenza che egli risponde anche per colpa lieve; nella sola ipotesi in cui la prestazione dedotta in contratto implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la norma dell'art. 2236 c.c. prevede una attenuazione della normale responsabilità, nel senso che il professionista è tenuto al risarcimento del danno unicamente per dolo o colpa grave; la prova dell'esistenza di tale presupposto, che comporta deroga alle norme generali sulla responsabilità per colpa, incombe sul professionista.
Pertanto, l'inadempimento del professionista non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile per il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell'attività esercitata (Cass. sez. III, 1 dicembre 2009 n. 25271) e la responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell'attività professionale presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta e il danno del quale è chiesto il risarcimento (Cass. sez. II, 23 marzo 2006 n. 6537).”
Come precisato da questa sentenza spetta al professionista però provare l’inesistenza del dolo o della colpa grave essendo il
presupposto dell’esclusione della sua responsabilità in deroga alla disciplina generale della responsabilità per colpa (in questo senso anche giudice di pace Milano, sez 8 civile, sent 13/10/2011
n.8355 e Cassazione, sezione 3 civile, sent 18/04/2011,n.8860)
Nel caso di specie la Dr. X non ha predisposto il pagamento dell’avviso bonario in tempo utile per la definizione della sanzione minima ragion per cui è personalmente responsabile salvo che provi
l’insussistenza dell’elemento del dolo o della colpa grave. Sul contenuto dell'obbligo di diligenza si riporta anche un estratto di una sentenza della Corte di Cassazione, sezione 3 civile,
del 24 ottobre 2008, n.
25735:
“Al riguardo va infatti riaffermato che neppure l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale in
ordine alla questione della perentorieta' di un termine esonera il professionista dall'obbligo di
diligenza richiestogli dall'articolo 1176 cod. civ., comma 2 (Cass. 10454/2002), avendo egli il
dovere, al di la' delle sue specifiche conoscenze tecnico-giuridiche, di attivarsi per rispettare il
termine piu' breve al fine di non rischiare di pregiudicare le ragioni del cliente, con conseguente
responsabilita' per colposa inadempienza (Cass. 21894/2004).”
Si applicano altresì il 1914 e il 1915 c.c. (avendo la Dr. X concluso un contratto di assicurazione con la “Milano Assicurazioni”) che prevedono in capo all’assicurato uno specifico obbligo (cd “obbligo di salvataggio”) consistente nel fare il possibile per evitare o diminuire il danno. Ogni sinistro richiede specifici interventi per l’opera di salvataggio, che – per stabilire un criterio generale, valido per tutti gli interventi – possono riassumersi nell’adozione della diligenza del buon padre di famiglia.
L’inadempimento doloso di questo obbligo comporta la perdita del diritto all’indennità, mentre l’inadempimento colposo può comportare la riduzione dell’indennità in ragione del pregiudizio sofferto dall’assicuratore ( art. 1915 c.c. ). L’onere della prova del pregiudizio sofferto incombe all’assicuratore. Ne consegue che, se l’assicurato non ha adempiuto detti obblighi ed il suo comportamento non ha evidenziato dolo né colpa, l’assicuratore dovrà provvedere all’indennizzo integrale del danno. L’assicuratore non può sollevare altre eccezioni, al di fuori dei casi e dei limiti previsti dall’art. 1915 c.c.
“Affinché l'assicurato possa ritenersi dolosamente inadempiente all'obbligo di dare avviso, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1915 primo comma cod. civ. (perdita del diritto all'indennità), non si richiede lo specifico e fraudolento intento di recare danno allo assicuratore, essendo sufficiente la consapevolezza dell'indicato obbligo e la cosciente volontà di non osservarlo”(Corte di Cassazione, sezione 3 civile, sent. 11/3/2011, n. 5435).
Sul concetto di inadempimento doloso e colposo dell’obbligo di salvataggio e sul momento in cui tale obbligo sorge interviene la Corte di Cassazione con una sentenza del 2008 cui estratto qui si menziona:
“....va rilevato che una volta individuato il rischio assicurato, vanno considerati di salvataggio gli interventi che si inseriscono nel processo causale già introdotto dal sinistro e si palesano idonei ad impedire che il processo medesimo si completi o si produca in tutto o in parte il danno...l’articolo 1914c.c., con il precetto “l’assicurato deve fare quanto gli è possibile per evitare il danno” ribadisce che nei contratti di assicurazione i 2 momenti del sinistro( inteso come fatto causale) e danno hanno autonoma rilevanza, e nel collegare il dovere dell’assicurato al danno, indica in modo incontestabile che l’obbligo disciplinato riguarda esclusivamente i comportamenti dell’assicurato influenti su questo momento e non anche quelli influenti sul sinistro....Sulla base di tale disposizione, se l’assicurato ha cagionato il sinistro per dolo, non sorge alcuna obbligazione dell’assicuratore; se, invece, lo ha cagionato per colpa occorre distinguere: mentre la colpa non esclude la obbligazione indennitaria, la colpa grave la esclude, salvo che nelle clausole particolari di assicurazione sia stato stipulato un patto contrario.
Le disposizioni degli articoli 1913-1915 c.c., le quali pongono a carico dell’assicurato un onere di tempestivo avviso del sinistro, fanno derivare dall’inosservanza colposa la perdita soltanto parziale dell’indennizzo....Come e' stato rilevato nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. 11877 del 1991) "quando l'azione generatrice del danno si protragga nel tempo, l'obbligo di salvataggio sorge in coincidenza dell'atto iniziale dell'azione medesima, perche' gia' da questo momento ha origine la genesi del danno". Sono comunemente definiti come di salvataggio soltanto quegli interventi che si inseriscano nel processo causale, gia' introdotto dal sinistro, e che si appalesino idonei e necessari, secondo le cognizioni tecniche, ad impedire che il processo medesimo pervenga al suo esito finale e produca il danno o, quanto meno l'intero danno: cio', peraltro, a prescindere dal conseguimento effettivo del risultato.”( Corte di Cassazione, sezione 3 civile, sent. 12 dicembre 2008, n. 29209)
Sul punto si riporta altresì l’estratto di un’altra sentenza della Corte di Cassazione, sezione 3 civile, 8/1/2004, n. 83:
“Secondo un'interpretazione dottrinale, che fa leva sull'interesse comune dell'assicurato e dell'assicuratore a che non si verifichino i presupposti per l'attuazione dell'obbligazione indennitaria nonché sull'obbligo dell'assicurato derivante dal principio di buona fede nell'esecuzione del contratto, l' art. 1914 c. c. pone a carico dell'assicurato l'obbligo di compiere l'attività volta ad impedire o limitare il danno ed ancora prima quello di svolgere ogni attività intesa ad evitare il sinistro.
Senonché, il testo normativo "l'assicurato deve fare tutto quanto gli è possibile per evitare il danno" collega l'obbligo al momento del danno e non a quello del sinistro inteso come fatto causale e tanto consente di affermare che i comportamenti che rilevano sono unicamente quelli che investono il primo e non il secondo momento.
Ciò è confermato dal fatto che i comportamenti dell'assicurato che possono avere influenza causale sul verificarsi del sinistro sono previsti in via generale dall'art. 1900 c. c. e con riferimento alle assicurazioni della responsabilità civile dall'art. 1917 c. c. ; secondo tali norme l'assicuratore non è tenuto al pagamento dell'indennità, se l'assicurato cagiona il sinistro per dolo o colpa grave, e vi è, invece, tenuto, se lo cagiona per colpa lieve.
Bisogna ammettere che in una prospettiva dialettica nell'ambito delle azioni praticabili per evitare il danno vanno ricomprese anche quelle dirette ad impedire il fatto che lo genera, ma in base alla lettera dell'art. 1914 c. c. si deve escludere che l'obbligo di salvataggio dell'assicurato sorga prima del verificarsi del sinistro.
ConclusionE
In conclusione ai sensi delle sopra citate norme così come interpretate dalla giurisprudenza prevalente richiamata, il Dr. X perderebbe il diritto all’indennizzo assicurativo o avrebbe diritto a una indennità ridotta (in caso di condotta non dolosa ma solo colposa), avendo dato luogo a un aggravamento del danno non coperto o non coperto del tutto (nel caso di colpa) dall'assicurazione ex 1915 c.c. e di conseguenza sarebbe tenuta al pagamento delle sanzioni richieste a meno che non riesca a dimostrare che la propria condotta (mancata predisposizione del pagamento dell’avviso bonario in tempo utile per la definizione della sanzione minima ) non è dovuta a dolo o colpa grave.
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